Era
cosi , ogni mattina quando mi svegliavo avevo un attimo di incertezza mentre
cercavo di ricordare dove mi trovavo.  Mi
stiravo lentamente cercando di ignorare l’urlo di dolore delle mie, ormai ,
fragili ossa.  Pian piano facevo scivolare
la parte   inferiore del mio ossuto corpo dal bordo del
letto cercando il sostegno sicuro del pavimento , mi sedevo e poi mi alzavo ,
assicurandomi che le mie gambe sostenessero tutta la mia struttura .
Che
fatica, quotidianamente ,affrontare queste semplici operazioni ,  ma la mia mente , al contrario , mi sembrava
ben sveglia e attiva da un pezzo, almeno in quel momento che prendevo contatto
con il pavimento . Le ore di sonno diventavano sempre meno , quasi a non voler perdere
niente di ogni attimo che Dio mi concedeva. 
L’inverno avanzava e un altro compleanno mi segnava : ottanta  , caspita erano ottanta !  
Una
doccia calda riscaldava la mia pelle e dopo aver massaggiato con cura la crema
per idratarla, cominciavo a sentire il sangue che circolava nelle mie vene ;
solo a questo punto  trovavo il coraggio
di guardarmi allo specchio .   Ogni volta una sorpresa : < ma chi mi
guardava da quella lastra un pò segnata dal tempo ,con macchie ossidate, nella
cornice dorata ?>  Per fortuna durava
poco , o forse no ,   quell’attimo di
disorientamento ;  ben presto lo specchio
mi rimandava  il volto della donna che
ancora ero, almeno nella mia mente , e lì nel mio sguardo , nei miei occhi  color acquamarina mi ritrovavo.  Così ormai si consumavano le mie albe nel
tentativo di ristabilire con semplici gesti le proporzioni tra ciò che era
stato e ciò che era, tra passato e presente che sempre più spesso si
sovrapponevano, che sempre più spesso si perdevano .  Mi pareva, a volte, di osservare la maglia di
un ordito che scucito sfuggiva inesorabilmente lungo il dorso di un maglione di
lana ; drrrrrrummmmm e via non l’acchiappavi più , nemmeno facevi in tempo a
seguirla con lo sguardo , figurati a tentare di riprenderla con un uncinetto. 
Il
suono del campanello mi riscosse da una ridda di volti che si affollavano nella
mia testa e con sorpresa mi ritrovai davanti a un caffè ormai freddo e mi resi
conto guardando l’orologio sul muro che erano già le dieci; andai ad aprire e
mi trovai di fronte una delle mie bellissime nipoti  , era la figlia di…già di chi? 
<
nonna , nonna auguri > e mi trovai avvinta da braccia festose e un buon
profumo di fiori .  In un attimo la mia
piccola casa esplose in colori caldi e allegri, come fuochi d’artificio in
agosto , risuonando  di risate e di
chiacchiere ininterrotte.
Alessia
, ecco si , era Alessia , aveva la capacità di riempire ogni spazio mentre
fluivano  , come ruscello di montagna ,
parole e parole e parole , affastellandosi in suoni ora  grevi ora tintinnanti .
Mi
piacevano le sue visite , anche se poi , dopo una mezza giornata con lei,  mi 
ritrovavo stanca e frastornata . La mia mente si perdeva così spesso
ormai e ogni volta lo sforzo di ricollocarmi nel presente aumentava,
lasciandomi spossata e disorientata.  La
sensazione peggiore era tenere in mano un oggetto e non sapere cosa farne, a
volte non avevo la minima idea di cosa fosse. 
<Come si chiamava quella malattia che mi avevano diagnosticato? Ah ,
si  Alzheimer.>
Che
strana sensazione mi procurava, mi sentivo come spettatrice della vita altrui.
La mia vita il set di un film , dove si muovevano lenti gli attori , figure dai
volti senza lineamenti, a cui faticosamente cercavo di dare una identità.
Spesso mi sembrava di avere a che fare con un grande puzzle di cui non trovavo
più le tessere.  La mia mente sempre più
spesso risuonava come un palcoscenico vuoto dopo una rappresentazione ; signori
e signori , lo spettacolo è finito !
Comunque
fosse quando arrivava mia nipote mi si spalancavano  le porte della vita , quella che era stata , e
con lei mentre sfogliavamo vecchi album di fotografie scorrevano i ricordi come
fiume dopo un temporale, ed essi dissetavano la mia mente inaridita che
rinverdiva come prato in primavera. 
Sentivo i profumi di giornate piene di amore, di gioie . ma anche  di dolore . Ricordavo intense ore lavorative,  risentivo il fruscio delle onde di quel mare
che avevo tanto amato ,  il freddo della
neve di un paese di montagna e sentivo il mio corpo giovane che correva lungo
strade di campagna.  Le raccontavo di
viaggi in giro per il mondo e delle tante persone che avevo conosciuto .  Con Alessia ritornavo nei luoghi della mia
memoria insita in ogni fibra del mio essere e che sovente scompariva.  
La
sensazione che più mi colpiva era risentire gli odori e i profumi: Il ragù
della domenica che pippiolava , prima sulla stufa a legna di una vecchia cucina
e poi sui fornelli a gas , conquista di un’epoca di benessere.  Delle torte sfornate per il compleanno dei
miei figli piccolini e dei dolci di Natale o di Pasqua impastati  da mia madre. 
I fiori che esplodevano nel giardino e i funghi che cercavo nei boschi
in autunno. Nella mia mente i ricordi avevano colori, sapori e profumi . Belli
e brutti, dolorosi o gioiosi erano la mia vita , tutto ciò che rimaneva . <
Sai piccola mia , amore della mia vita, i ricordi hanno il sapore del pane, a
volte quello fresco dalla crosta croccante e dalla mollica morbida e calda e
profumata , che ti fa salivare ; altre quello del pane raffermo , duro , che
quando lo mastichi ti duole tutta la bocca . >
Menzione d'onore al II concorso Memorial Miriam Sermoneta 2014 
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